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3 ANNI E 4 MESI DALL’ASSASSINIO
MASSIMILIANO CARBONE
E ANCORA NESSUN COLPEVOLE!
INTANTO TUTTI DICHIARIAMO IL DIRITTO ALLA VITA
E LA LOTTA ALL’ILLEGALITA’ ED ALLA CULTURA MAFIOSA.
GLI INQUIRENTI HANNO VERIFICATO IL MIO CONTRIBUTO ALLE INDAGINI, CONCLAMANDO UNA CERTEZZA "VITALE", ED IO HO GRATITUDINE PER IL LORO LAVORO.
IL VESCOVO BREGANTINI MI HA RACCOMANDATO “TENACIA”, ED IO APPREZZO CHE NON MI ABBIA PARLATO DI “FEDE,SPERANZA,CARITA’”.
IL PREFETTO DE SENA MI HA SCRITTO IN DATA 2 AGOSTO 2007:
“LA CREDIBILITA’ DELLO STATO E DELLE ISTITUZIONI SI DIFENDE SOPRATTUTTO ASSICURANDO I REI ALLA GIUSTIZIA ED IMPEDENDO CHE IN QUESTA TERRA ALTRE MADRI DEBBANO PIANGERE I LORO FIGLI".
ED IO VOGLIO ANCORA CONTARE SU QUESTO AUTOREVOLE IMPEGNO COMUNE, MA A QUESTA TERRA PROSTRATA NON BASTANO LE BUONE INTENZIONI!
NESSUNO PUO’ RASSEGNARSI NE’ RIMANERE INERTE MENTRE LA MEGLIO GIOVENTU’ MUORE AMMAZZATA E TUTTO FINISCE NEL BUCO NERO DELLA MENZOGNA E DELL’OMERTA’."
A QUELLA PARTE DELLA COSIDDETTA “SOCIETA’ CIVILE” FINORA RIMASTA INDIFFERENTE AL MIO LUTTO E CHE HA ADDIRITTURA DISAPPROVATO LE MIE ISTANZE DI VERITA’ E DI GIUSTIZIA CHIEDO DI RICORDARE CHE LA VITA E LA MORTE SONO DISPOSTE AD APPARIRE AL MINIMO PRETESTO.
CHIUNQUE ESISTA NON NE E’ IMMUNE, SOPRATTUTTO IN QUESTA CITTA’ CHE CONTA TANTE VITE STRONCATE E VEDE TANTE FAMIGLIE CONDANNATE A “ FINE DOLORE: MAI. “
LA LOCRIDE NON PUO’ CONTINUARE AD ESSERE LA TERRA DEI DELITTI PERFETTI AD OPERA DEI SOLITI IGNOTI DEI QUALI MOLTI SANNO MOLTO, MA NON NE PARLANO.
LA GIUSTIZIA NEGATA A MASSIMILIANO, GENEROSO RAGAZZO DI LOCRI, GIOVANE PAPA’ TRISTE, ONESTO LAVORATORE, E’ GIUSTIZIA NEGATA A TUTTI VOI.
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FuoriClasse
torna in quei luoghi e parla con studenti, docenti e dirigenti
scolastici. E racconta l'educazione ...
Liliana Carbone fa la maestra elementare. ...
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Eventi a cui ha partecipato
Liliana Esposito Carbone
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...
www.radioradicale.it/soggetti/liliana-esposito-carbone |
Altri eventi con oratore
Liliana Esposito Carbone.
madre di vittima di mafia ... |
Gazzetta del Sud
Venerdì 5 Ottobre 2007Calabria
Locri
Una madre coraggiosa e indomita. E per qualcuno, “infame”Liliana Carbone: tre anni a caccia dell’assassino di Massimiliano
«Mio figlio è morto per amore, lo sanno tutti.
Giustizia? Per la perizia balistica 22 mesi...»
Giuseppe Tumino
REGGIO CALABRIA
«Oggi sono 1105 giorni passati a rivedere i luoghi, a risentire quei passi veloci sulle sterpaglie; mi siedo ogni giorno accanto a quei vasi con cui ho protetto il sangue di mio figlio, pensando fosse utile per accertare una verità propedeutica a una qualche giustizia.
Vedo l’albicocco, tra i rami del quale sbucò una lupara vigliacca, estrema difesa di un killer emotivo, non un professionista, come disse un carabiniere profondo conoscitore di armi e assassini locresi. E le notti, ad aspettare che il nuovo mattino porti una novità, giusta e caritatevole».
Tre anni sono passati dall'omicidio di Massimiliano Carbone, imprenditore 30enne di Locri, colpito a sangue freddo in un agguato nel cortile sotto casa. Era sera, il 17 settembre del 2004, Massimiliano morì in ospedale una settimana dopo. Tre anni e nessun colpevole.
Da allora Liliana Esposito, maestra elementare, donna raffinata e coltissima, non si è fermata mai. L'hanno vista tutti incatenata
al tribunale, donna-sandwich per le strade, col microfono in mano e la foto del figlio al collo in centinaia di incontri e dibattiti, in mezza Italia, circondata da solidarietà e rispetto. A ripetere quello che a Locri tutti sanno: non si è mai limitata a chiedere genericamente giustizia, la maestra Liliana.
Lei ha fatto, da subito, il nome del presunto assassino. Nome e cognome.
- Signora Esposito, lei racconta una storia vera (c’è una sentenza civile) ma questo giornale non la può riferire: ci andrebbero di mezzo degli innocenti. Più d'uno, oltre al supposto assassino, peraltro mai arrestato.
«Mio figlio è morto per amore, lo sa lei, lo sanno tutti. Sa cosa ha scritto l'ex prefetto De Sena in una lettera di commiato che mi ha
mandato? “La credibilità dello Stato e delle Istituzioni si ha nell’assicurare alla Giustizia i rei, e nel fare in modo che nessuna madre debba piangere un figlio ammazzato”. Io aspetto risultati, in tanti aspettiamo risultati. Penso ai familiari di Renato Vettrice, l’operaio sparito nel nulla».
- Il nuovo prefetto, Francesco Musolino, l'ha già incontrato.
«M'è parso persona schietta, pacata e concreta. Da petulante e querula mamma di un morto ammazzato, gli ho chiesto perché mai a Garlasco le indagini avvengano in diretta, mobilitando le massime competenze del Ris. Volevo conto e ragione: le forze dell'ordine di altre regioni fruiscono di mezzi e risorse speciali, non a disposizione di quelli della Calabria, della Locride?».
- Lei ha sempre parlato di inspiegabili, clamorosi ritardi nelle indagini.
«Il povero figlio mio è colpevole persino di non essere morto subito: così le indagini sono partite una settimana dopo. Mi ricordo, a casa mia, un investigatore oggi sempre in tv quando si parla del delitto Fortugno: stava seduto davanti a me, a disagio, non sapeva che fare. Ho ottenuto una perizia balistica 22 mesi dopo, forse perché nel frattempo avevo restituito il certificato elettorale rendendolo noto ai giornali, forse perché ero rimasta per tre mattinate in piena estate sui gradini del Tribunale. Chiedevo attenzione, verità, giustizia, non avevo più nemmeno la forza di protestare.Guarda caso, quella perizia ribaltò i rilievi degli inquirenti».
- Indagini penali, ma anche una lunga battaglia civile, che la vede vincitrice. Ha mai fatto il conto delle spese?
«Ora saranno 21mila euro per tre avvocati e tre perizie di parte, senza contare i costi emotivi e umani. Sa cosa mi venne a dire una volta un’avvocaticchia? Che per me lo Stato ha speso un sacco di soldi. Per cosa poi? Non ci sarà nessuna condanna. Me lo disse un anno fa il giudice Carlo Macrì, dall’alto dei suoi 14 anni a Locri: tutto rovinato, hanno lavorato male nella prima settimana».
- Lei ha denunciato a più riprese di essere stata additata come “infame”. Anche all'interno dalla sua scuola. Come si vive da “infame” a Locri?
«Si sopravvive, ed è già tanto. Quando quell’uomo mi aggredì al cimitero, davanti alla tomba di mio figlio, un tale, galoppino di un’onorevole, disse che al Pronto Soccorso non ero affatto arrivata sanguinante. In questi giorni le strade attorno al Tribunale sono chiuse al traffico nei giorni di udienza del processo Fortugno, mentre auto blindate e con vetri oscurati vagano a spese del contribuente.
A me viene regolarmente chiesto di esibire i documenti ogni volta che mi avvicino alla caserma dei carabinieri di Locri. Non solo ambivalenza di giustizia, ma persino ambiguità di relazioni civili. Sopravvivenza, appunto».
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Il
Procuratore di Torino, dottor GIANCARLO CASELLI, legge il nome di
MASSIMILIANO CARBONE
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Gazzetta del Sud – 03.10.2006 Costantino (Cids): reagire è il compito delle Istituzionidi Loredana Nicolò «Chiedo giustizia per l'intera Locride e vi dico: impegnatevi! Ciascuno di voi, nei rispettivi ruoli, datevi da fare perché altrimenti questa terra neonata non diventerà mai grande». Queste vibranti parole, pronunciate da Liliana Esposito, madre di Massimiliano Carbone, ucciso nel settembre 2004 - presente insieme ai familiari di Renato Vettrice scomparso dall'agosto 2005 -, sono state il punto più alto e commovente dell'annuale assemblea tenuta dal Comitato interprovinciale per il diritto alla sicurezza (Cids) nel contesto della quinta Giornata di lotta contro la criminalità, l'illegalità e per lo sviluppo economico e sociale.E' un processo alla politica. «Una politica che deve cominciare a cambiare rotta se vuole ancora essere credibile», dice il presidente del Cids Demetrio Costantino. E i banchi dell'aula del consiglio diventano edicole funerarie, con le madri coraggio ad esporre le foto dei figli ammazzati, a chiedere, ancora una volta, sostegno e giustizia. Al dibattito, tenutosi ieri nell'aula consiliare di Palazzo San Giorgio e moderato dall'avv. Paolo Federico, hanno partecipato l'europarlamentare Armando Veneto, il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Gerardo Dominijanni, il consigliere regionale Antonio Acri, il presidente nazionale de "I Socialisti" Saverio Zavettieri, il presidente della Camera di Commercio Lucio Dattola, il presidente del Cids Demetrio Costantino.
È stato
Demetrio Costantino ad introdurre i lavori, ribadendo come la questione
sicurezza sia «centrale e prioritaria» per la vita del Paese e
richiamando l'esortazione dell'arcivescovo Mondello ai politici acché
siano «coerenti». Il diessino Antonio Acri, componente della Commissione regionale antimafia, ha affermato la necessità di affrontare il problema sicurezza in Calabria «iniziando a coprire i pesanti vuoti negli organici della magistratura», fornendo quindi tutti gli strumenti necessari a condurre la lotta alla criminalità. Acri ha sottolineato come nel 2005 gli episodi criminosi abbiano avuto un'impennata «soprattutto in termini di efferatezza», osservando poi come sulla proposta di legge regionale inerente un Sistema integrato di sicurezza (Sis) «per la prima volta si sia registrata l'unanimità in Commissione regionale antimafia», puntando ad una «presa in carico del problema» a fronte di un'usuale «deresponsabilizzazione dei governi locali» che rimandano la domanda di sicurezza agli organi "tradizionali" dello Stato (magistratura e forze dell'ordine). Il "Sis" punta quidi ad un «legittimo spazio legislativo in ambito regionale cosicché ogni città indichi le priorità e il mix d'interventi ritenuto più opportuno ad un percorso di sicurezza né facile, né scontato. Perché fare antimafia vuol dire esporsi, con responsabilità diretta». Tre gli strumenti di lotta alla criminalità indicati dal magistrato Gerardo Dominijanni, al termine di un intervento che ha messo a nudo le difficoltà dell'attività giudiziaria, acuite a suo dire dal decreto Bersani. E dunque: prevenzione, con il coinvolgimento della società civile e della politica; repressione, da alimentare investendo più risorse nella magistratura e nelle forze dell'ordine; riforma del codice di procedura penale «soprattutto con lo snellimento nella durata dei processi» Con un detto di saggezza popolare (i guai 'ra pignata i sapi a cucchiara chi mania), il primo cittadino di Pazzano, Salvatore Fiorenza, ha osservato che i sindaci devono poter trasferire la conoscenza del territorio nell'azione di prevenzione dei fenomeni criminosi, da debellare «con azioni di educazione alla legalità all'interno della famiglia, della scuola, del lavoro, delle politiche sociali» per «attrarre i giovani, nostra ricchezza e nostro futuro, sottraendoli a modelli di vita più facili ma illeciti». La scarsa presenza delle Istituzioni è stata evidenziata da Saverio Zavettieri, il quale ha rimarcato le responsabilità dell'informazione, si è interrogato sui meccanismi del consenso elettorale e «su quali risposte e quali comportamenti siano stati attuati in quest'ultimo anno da non dimenticare». Ed ha aggiunto: «Sono stati creati tanti, troppi organismi (Osservatorio regionale sulla criminalità, Commissione antimafia, assessorato regionale alla sicurezza) che sembrano risposte superficiali e di comodo» mentre «bisogna praticare la cultura della legalità», perché «dipende da ciascuno di noi, dagli esempi della politica, a fronte di un "blocco sociale" che osta alla questione sicurezza». Secondo Lucio Dattola «la mafia non va studiata, va combattuta» compiendo «quel salto culturale necessario a fronte di uno stato di barbarie evidenziato dalle quotidiane intimidazioni». Una situazione cui la politica «è chiamata a dare risposte, al di là della creazione di inutili organismi». Il sindaco di Reggio, Giuseppe Scopelliti, ha esortato a «dare risposte ai tanti delitti impuniti, per rafforzare il senso dello Stato sul nostro territorio» con la politica che «dev'essere da esempio. Governare le nostre città non è un privilegio: è una missione alimentata dalla voglia di mettersi al servizio della comunità». E, alla luce del recente attentato al Palazzo municipale, Scopelliti ha detto con fermezza: «Reggio è una città in crescita e non può essere ricattata» perché «le Istituzioni sono di tutti e vanno tutelate a prescindere dal colore politico». In conclusione l'on. Armando Veneto ha dato atto dell'"opera meritoria" svolta dal Cids, rimproverando alla politica di «nutrirsi di cellulosa, di apparenza e di parate: non bisogna predicare la legalità, bensì praticarla. La battaglia per la sicurezza non è solo lotta antimafia, ma contro ogni forma di illegalità e sopraffazione». Quanto alla Calabria «non andrà da nessuna parte se non si cambia marcia, se non imparerà ad essere "eroica", ad andare oltre la semplice gestione del presente. E in tal senso una sfida terribile viene dall'Unione europea dove, dopo l'ingresso di Bulgaria e Romania (gennaio 2007), presto cesseremo di essere regione "obiettivo 1" e di avere fondi che, ad oggi, abbiamo sprecato per mancanza dei controlli di primo e secondo livello, come denunciato dalla Corte dei Conti. Viceversa, in politica "anche la moglie di Cesare dev'essere onesta". Il problema autentico resta la costruzione di una cultura della legalità, a partire dai piccoli-g randi gesti. Dobbiamo prenderne coscienza. Come pure – ha concluso l'europarlamentare Veneto – occorre capire che bisogna investire in una nuova classe dirigente, creando un'euroburocrazia competitiva, smettendola di pensare alla politica come convenienza personale».
Sono in tanti, non tantissimi. Tutti, sotto la lente d'ingrandimento del Comitato per la sicurezza che, ieri mattina a Palazzo San Giorgio, ha tenuto l'ormai tradizionale convegno per la "Giornata di lotta contro la criminalità, l'illegalità e per lo sviluppo socio economico". Chiamati a rispondere, fra gli altri, l'eurodeputato Armando Veneto, il sindaco Giuseppe Scopelliti, il leader socialista Saverio Zavettieri e il presidente della Camera di Commercio Lucio Dattola. Da una parte istituzioni impegnate a confortare, dall'altra vittime anche loro. Chi, come Zavettieri, è stato sparato, chi, come Dattola, ha avuto l'auto bruciata, chi, come Scopelliti, è costretto a camminare sotto scorta. Ma non si tirano indietro, nemmeno quando sul banco degli imputati è la politica a salire. «Dalle liste elettorali devono cominciare a sparire quei candidati che sono solo in odor di illegalità», tuona Armando Veneto. Che è ancora più diretto: «Se nel consiglio regionale ci sono 22 consiglieri inquisiti non posso che essere preoccupato». Dello stesso tenore le parole del primo cittadino: «Dobbiamo dare risposte per rafforzare lo Stato nel nostro territorio. Non so quanto, oggi, la politica in Calabria possa considerarsi un esempio. C'è gente, in alcune istituzioni, che si caratterizza per atti, scelte, indirizzi incoerenti. Spesso, ho il presentimento che qualcuno stia da una parte e quanlcun altro da un'altra». Il presidente della Camera di commercio, Lucio Dattola, sottolinea «l'inutilità» delle commissioni anti mafia. «La criminalità organizzata - sostiene - non va più studiata, va repressa. Arriveremo al punto che ci saranno più studiosi di mafia che mafiosi. Adesso bisogna risponedre con i fatti». Fatti che per Dattola si traducono nel «mettere la magistratura e le forze dell'ordine nelle migliori condizioni per potere agire». «Non è possibile - afferma - che il sindacato di polizia denunci che non ci sono i soldi per la benzina o per fare le fotocopie. La politica deve rispondere e, soprattutto a livello romano, deve dettare regole precise e chiare». Dimostrare, insomma, «la volontà di volere sconfiggere la 'ndrangheta».
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La donna: «L' ha chiamata terra prediletta, mi basterebbe uno dei suoi pensieri pieno di bonomia» |
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Appello a Prodi: giustizia in Calabria | ||
Arriva il
premier, lettera della madre di un giovane ucciso a Locri
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REGGIO CALABRIA - Il tormento di una madre, Liliana Esposito, mamma di Massimiliano Carbone. E il coraggio di un padre, Mario Congiusta, papà di Gianluca. I loro figli sono stati assassinati: il primo due anni fa a Locri, il secondo nel maggio 2005 a Siderno. Adesso, per loro, vogliono giustizia. Pretendono di sapere perché sono stati uccisi. E chiedono di non essere lasciati soli. La signora Liliana lo ha fatto scrivendo una lettera al presidente del Consiglio Romano Prodi che domani sarà a Locri per l' anniversario dell' assassinio del vicepresidente del consiglio regionale Francesco Fortugno: «Mario Congiusta la invita a portare un fiore sulle tombe dei nostri figli; sarei d' accordo se non ritenessi eccessiva pena per lei quella di dare compito al suo portaborse di comprare fiori per i tanti morti ammazzati di Calabria, "terra da lei prediletta". A me basterebbe il più piccolo dei suoi pensieri pieni di bonomia». Liliana Esposito e Mario Congiusta sono il simbolo della Calabria che vuole e chiede giustizia. Ci hanno provato i «Ragazzi di Locri» a dare un contributo per alimentare la speranza di riscatto della Locride dove, ad un anno di distanza dall' omicidio Fortugno, non si è trovato uno stabile per alloggiare 50 carabinieri arrivati per contrastare l' ndrangheta. Ma gli stessi «Ragazzi di Locri» sono diventati sempre di meno, forse perché i riflettori dei media si sono spenti o forse per paura. E, anche per questo, la Calabria che vuole giustizia chiede di non essere lasciata sola. Massimiliano Carbone è stato ucciso davanti a casa con un colpo di lupara. Aveva 22 anni. Sull' omicidio ancora non è stata fatta luce. Così che una decina di giorni fa mamma Liliana si è incatenata davanti al tribunale di Locri per chiedere giustizia. Il giorno dopo, mentre portava i fiori sulla tomba del figlio, è stata aggredita. Forse per cercare di dissuaderla a portare avanti la sua battaglia. Gianluca Congiusta, 30 anni, commerciante, è stato assassinato a Siderno: un killer gli ha sparato mentre era in macchina. Anche suo padre aspetta ancora giustizia. Per protestare contro lo Stato che non c' è, in occasione delle Politiche di aprile, ha invitato tutti a disertare le urne. Poi ha parcheggiato l' auto del figlio davanti al tribunale e l' ha tappezzata con le foto di Gianluca: il maggiolino giallo è ancora lì. Al fianco di Liliana Esposito e Mario Congiusta c' è Maria Grazia Laganà, moglie di Fortugno. La parlamentare dell' Ulivo non smette di puntare il dito contro «l' isolamento del marito lasciato solo dopo aver presentato una serie di denunce, tutt' oggi inascoltate, su favoritismi, collusioni, infiltrazioni, privilegi e scambi tra politica e malaffare». Quelle carte, dice, sono rimaste inspiegabilmente chiuse nei cassetti. Fino a quando il magistrato della dda di Catanzaro De Magistris non le ha tirate fuori. Adesso la signora Fortugno aspetta. Dopo i primi arresti l' inchiesta è ferma. Ma la parlamentare di An Angela Napoli, ex vicepresidente dell' Antimafia, dice che «il vero obiettivo non è stato raggiunto da coloro che hanno ucciso Fortugno ma da chi, servendosi del delitto, ha fatto carriera politica, magari spudoratamente anche all' insegna dell' antimafia». Quell' antimafia che Mario Congiusta dice che in Calabria non funziona proprio perché «ininfluente su decisioni e azioni da predisporre sul territorio». | ||
Macrì Carlo
Corriere della sera, 08 ottobre 2006 |
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Liliana Esposito Carbone, insegnante di Locri, della Casa della Legalità
e madre di Massimiliano, vittima della violenza mafiosa, assassinato il
24 settembre 2004, è stata aggredita sulla tomba del proprio figlio al
Cimitero di Locri, nel giorno in cui sono stati affissi i manifesti per
la messa del secondo anniversario della tragedia. La minaccia e
l’aggressione, immediatamente denunciata e con l'immediata
identificazione dell'aggressore, segue ai passi avanti compiuti
nell’inchiesta sull’omicidio di Massimiliano. Liliana non è sola, lo
Stato ha dimostrato di esserci, e la società civile, dal mondo delle
associazioni alla diocesi, è insieme a lei ed alla famiglia di
Massimiliano nel chiedere, rivendicare, verità e giustizia. |
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Il 24 settembre del 2004 moriva per
mano assassina un giovane, un "giovane di Locri".
Aveva 30 anni, si chiamava Massimiliano.
Era un ragazzo come tanti, anzi come pochi.
Come Gianluca Congiusta, lui un lavoro in Calabria se l'era "inventato", e di
lavoro ne dava ad altri ragazzi come lui nella Cooperativa della quale era alla
guida.
Donava il sangue, giocava a calcio, amava la propria terra, la propria famiglia.
Sento il bisogno, seppur da lontano in questo momento, di stringermi idealmente
all'abbraccio per Liliana, la sua stupenda e coraggiosa mamma che da due anni
chiede incessantemente Giustizia per suo figlio.
Sì, perchè la verità c'è, ma senza che sia fatta Giustizia, diventa vergogna per
lo Stato di diritto dove la violenza e la sopraffazione, il silenzio e l'omertà,
perseverano nell'uccidere la Speranza.
Sono trascorsi due anni.
Liliana è ancora in trincea, e noi con lei.
Qualcuno l'altro ieri l'ha aggredita, mentre lei pregava (e piangeva) sulla
tomba del figlio.
"Se questo è un uomo"...
Se questa è Giustizia.
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DUE GIOVANI IMPRENDITORI, DI LOCRI E SIDERNO, DUE DELITTI IMPUNITI. UNA LETTERA PIENA DI STRAZIANTE DIGNITA' E UN'INIZIATIVA PROVOCATORIA.
Carbone e Congiusta, sete di giustizia
(martedì 4 aprile 2006)
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Locri, la settimana dei minori
Lettera dei bambini «Adulti, rispettateci»
Alessandra Tuzza
LOCRI – Una serata vivace e dolcissima quella che ha avuto come
protagonisti i bambini, in occasione della Settimana dei minori
chiusasi ieri a Locri. I piccoli cittadini delle elementari hanno si
sono dimostrati attori e cantanti provetti, guidati dalle loro
maestre e dal dirigente Rinaldi. La Settimana dei minori è stata
quest'anno dedicata ai diritti dei bambini, alla pace, alla
tranquillità, alla gioia, alla famiglia, al gioco, all'affetto. Ma
al di là di tutto fondamentale è stata la lettera che i ragazzini
hanno inviato agli adulti della loro città.
«La nostra Città – scrivono i bambini rivolgendosi ai "grandi" – sta
soffrendo molto, perché si sono ripetuti molti fatti violenti. Non
vedete come ha paura e trema il nostro piccolo cuore? Noi vogliamo
chiedere a tutti Voi, alle nostre famiglie, alla nostra scuola, alle
istituzioni, di aiutarci a diventare grandi e sereni, di non
lasciare che nessuno di noi rimanga "bambino in bilico" tra legalità
e mafia. Vogliamo chiedervi di aiutarci a conservare il nostro
stupore infantile, perché il fulmine va chiarito ai bambini con
tenere spiegazioni; vogliamo chiedervi di lasciare sognare carillons
e giostre, e fiabe e caleidoscopi e tanti amici disegnati dalle
nuvole, perché questo è il nostro tempo.
«Vogliamo chiedervi che la musica bella non accompagni solo le
lacrime nei funerali affollati; vogliamo chiedervi di ascoltarci e
di darci la vostra voce quando le nostre parole sono troppo leggere,
vogliamo chiedervi di non fare delle vostre responsabilità il
lamento di Penelope, vogliamo chiedervi di aiutarci a coltivare la
speranza, e di non lasciarci temere un futuro di pane raffermo e di
posti in piedi. Così come l'acqua è insegnata dalla sete, così come
la gioia è insegnata dal dolore, così come la pace è insegnata dalla
legalità.
«Noi, bambini della Città di Locri, ci impegneremo al rispetto dei
nostri doveri, rispettando i diritti ed i sogni di ogni persona. E
ci impegniamo ad arrabbiarci, se voi Signori Adulti non rispetterete
i diritti dei bambini. Perché nessun bambino di Locri – nessuno!
neppure uno solo – Debba ancora essere violato dall'indifferenza o
dalla cattiveria dei grandi. Grazie.»
(domenica 27 novembre 2005) |
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Locri Nuova protesta della madre di Massimiliano Carbone Antonello Lupis LOCRI – Finché non otterrà giustizia e risposte certe sul barbaro – e ancora irrisolto – omicidio del figlio Massimiliano Carbone avvenuto poco più di anno e mezzo fa, la madre della vittima, Liliana Esposito, maestra elementare, donna esile ma tenace, difficilmente porrà fine alla sua coraggiosa battaglia. Dopo essere, infatti, stata protagonista di recente e nei mesi scorsi di altre singolari iniziative, ieri mattina si è seduta con la foto del figlio davanti all'ingresso del Tribunale di Locri per «chiedere attenzione e impegno adeguato da parte degli inquirenti e delle forze dell'ordine sulla vicenda di mio figlio Massimiliano». Appresa la notizia, sulla vicenda è intervenuto il vescovo della diocesi di Locri-Gerace, Giancarlo Bregantini. «So, signora Esposito – scrive il prelato locrese in un documento – quanto sta soffrendo in questo momento, di fronte alle lungaggini della burocrazia della giustizia. So quanto è grande il suo cuore di madre, che soffre due volte: ieri per il sangue versato, oggi per la fatica nell'ottenere giustizia. Le sono vicino. Ed insieme le chiedo di essere tenace e fiduciosa, nonostante tutto». Un solo colpo di fucile da caccia caricato a pallettoni, sparato dal killer da oltre dieci metri alle spalle. Così, a settembre del 2004, è stato assassinato a Locri il giovane incensurato Massimiliano Carbone, 30 anni, responsabile della cooperativa "Arcobaleno Multiservice". L'agguato all'intraprendente giovane locrese scattò nella tarda serata di venerdì 17 mentre Carbone stava rincasando. Il responsabile della cooperativa "Arcobaleno Multiservice", stimato e ben voluto, parcheggiata l'auto stava per il portone, quando all'improvviso un sicario appostato dietro un muretto lo centrò in pieno. (venerdì 30 giugno 2006) |
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